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Benzodiazepine: per curare l’ansia servono gli ansiolitici?

Benzodiazepine: per curare l’ansia servono gli ansiolitici?

ansia
Le benzodiazepine agiscono sul sistema nervoso centrale potenziando l'effetto del neurotrasmettitore GABA (acido γ-aminobutirrico), che ha un'azione inibitoria sul cervello, inducendo sedazione, rilassamento muscolare e riduzione dell'ansia.

Gli ansiolitici sono farmaci appartenenti, in genere, alla famiglia delle benzodiazepine che attenuano l’emotività, contribuendo, in linea di massima ed in maniera piuttosto efficace, a ridurre i livelli d’ansia, infatti vengono comunemente utilizzati da neurologi e psichiatri per ridurre i sintomi di ansia, (GAD) di attacchi di panico, (DAP), della depressione ansiosa o reattiva e anche dell’insonnia primaria.

Infatti le difficoltà dell’addormentamento oppure i continui risvegli notturni causati dall’insonnia, ugualmente come ansia , panico e depressione, hanno la spiacevole conseguenza di aumentare stanchezza, irritabilità e difficoltà a svolgere il proprio lavoro, ingenerando un generale peggioramento della qualità della vita.

Come iniziano i disturbi d’ansia?

I disturbi d’ansia possono essere innescati da molte situazioni profondamente diverse fra loro, in quanto possono essere caratteristici di persone “emotive “, cioè delle persone affette da emotività fin dalla nascita, o possono essere di coloro che hanno appreso a reagire in quel determinato modo (reattività esagerata esogena o endogena), essendo cresciute con una persona ansiosa. 

I disturbi dell’emotività nei quali rientrano, appunto, i disturbi d’ansia, di panico e della depressione ansiosa, consistono, fondamentalmente, in quello che si definisce correttamente una somatizzazione, ovvero nel trasferimento al corpo di disturbi essenzialmente nervosi che, in qualche caso anche mentali, rappresentano tutti quei sintomi assolutamente privi di una base organica.

Anche se, in realtà, non vengono vissuti in tal modo, è infatti tipico il ricorso al pronto soccorso per gli attacchi di panico che spesso ingenerano una così grande apprensione da essere scambiati per attacchi cardiaci veri e propri.

Nel caso dei sintomi fisici dei disturbi dell’emotività, avremo tachicardia, sudorazione, tensione muscolare, tremori, dispnea (respiro corto), emicranie, insonnia.

Mentre, per quanto riguarda l’ambito più strettamente legato alle sensazioni dovute ad un eccesso di emotività, avremo irritabilità, tensione, agitazione, sensazione di testa vuota, difficoltà di concentrazione.

Quali sono i farmaci ansiolitici più usati?

I farmaci ansiolitici più usati sono appunto le benzodiazepine, fra le quali le più comuni sono, Tavor, Xanax, Rivotril, Valium, Ansiolin, En, Frontal, Lexotan, Prazene, Control, Lorans, ecc.

Anche se esistono molti altri derivati benzodiazepinici quali Dalmadorm, Felison, Halcion, Minias, Roipnol e altri farmaci che, pur avendo una composizione chimica diversa dalle benzodiazepine, hanno però, fondamentalmente, un effetto comunque sedativo.

Non è da sottovalutare il fatto che benzodiazepine quali, ad esempio, alprazolam, lorazepam, diazepam, ecc. potrebbero necessitare di essere aumentate continuamente nel loro dosaggio, al fine di mantenerne attivi gli effetti.

Ovviamente sempre che non intervengano gravi effetti collaterali che rendano necessaria una brusca interruzione del trattamento.

Benzodiazepine: come agiscono e come sospendere

L’ interruzione o la sospensione dell’assunzione di questi farmaci , nel caso, ad esempio,  di una terapia con ansiolitici (es. Rivotril, Tavor, Lexotan, Valium, En, Minias, ecc.) deve essere graduale ed il tempo necessario per chi volesse sospendere il trattamento è da calcolare in collaborazione con un medico.

Meglio se specializzato in neurologia o psichiatria, che valuti con attenzione le modalità di riduzione del farmaco. Anche perché una brusca sospensione delle benzodiazepine può provocare ansia, insonnia, irritabilità, nausea, cefalea, palpitazioni, tremori, sudorazione.

Pur se molto meno frequentemente,  dolori muscolari, vomito, intolleranza alle luci e ai suoni, più raramente, convulsioni e una serie di disturbi contrastanti quali l’eccitazione, la tristezza, il delirio, le allucinazioni, la difficoltà a pensare e ad esprimere le proprie emozioni.  

Cosa fare se si ha una dipendenza da benzodiazepine?

Le benzodiazepine, ovvero tutti quei farmaci che conosciamo come tranquillanti, sedativi o ansiolitici, che qualcuno ha soprannominato i cerotti dell’anima.

E che vengono utilizzati, normalmente, con un uso troppo prolungato da un paziente su quattro, (ricerca pubblicata su Jama Internal Medicine ) potrebbero essere causa di molti effetti collaterali ed indesiderati prima di tutto proprio per via delle false aspettative o aspettative disattese.   

Il primo passo per uscire dalla dipendenza è sicuramente quello di chiedere aiuto. Riconoscere di avere un problema e accettare di non essere più in grado di gestire la situazione riveste fondamentale importanza ai fini della presa di coscienza della necessità di richiedere aiuto.

Questo passaggio è molto importante, molto spesso infatti la vergogna prevale e i pazienti non chiedono aiuto, cercando di risolvere il problema da soli.”

È quindi fondamentale rivolgersi al proprio medico o ad uno specialista, sarà il medico a consigliare il percorso corretto per risolvere il problema di dipendenza.

Qual è il miglior modo per affrontare i problemi di ansia?

Gli studi più recenti in materia, però, indicano che il miglior modo di affrontare i problemi di ansia, panico e depressione dovrebbe essere quello di affidarsi alla psicoterapia di tipo cognitivo comportamentale.

Che, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), ha assunto il ruolo di trattamento d’elezione per i disturbi d’ansia, disciplina scientificamente fondata, la cui validità è suffragata da centinaia di studi per la diagnosi e la cura in tempi brevi di molti disturbi psicologici.

Quali, appunto, depressione e disturbo bipolare, ansia, fobie, attacchi di panico, ossessioni e compulsioni, disfunzioni sessuali quali eiaculazione precoce.

La psicoterapia cognitivo comportamentale è ormai testata e validata e rappresenta un metodo scientificamente fondato, che si basa sulle conoscenze delle strutture e dei processi mentali pervenute dalla ricerca psicologica di base. 

È una strategia considerata, a livello internazionale, uno dei più efficaci metodi per la comprensione ed il trattamento dei disturbi psicopatologici. Infatti l’efficacia di questo approccio è stata dimostrata da studi scientifici realizzati in condizioni controllate e condotti con lo stesso rigore dei test effettuati per le terapie farmacologiche.

Psicoterapia cognitivo comportamentale e benzodiazepine

Si articola secondo una struttura molto ben definita che, pur se  non in maniera rigida , poiché in base al disturbo si può pensare di far  prevalere la componente cognitiva piuttosto che  quella comportamentale, ha comunque sempre quale obiettivo fondamentale del trattamento  quello di risolvere i disturbi psicologici concreti.

Cercando di ridurre, ad esempio, i sintomi depressivi , eliminare quelli dell’ansia e degli attacchi di panico e insegnare a controllare i rituali compulsivi e tutto questo sempre con una durata relativamente breve che, nel caso della psicoterapia cognitivo comportamentale varia, di solito, dai quattro ai dodici mesi  con  incontri  a cadenza quasi sempre bisettimanale. Incontri però  che variano  a seconda del caso, anche se i primi cambiamenti significativi si verificano già nei primi mesi di trattamento.  

La tecnica utilizzata dalla psicoterapia cognitivo comportamentale prevede di accompagnare il paziente ad affrontare gradualmente le circostanze ansiogene dopo avergli insegnato il rilassamento muscolare progressivo, attraverso il quale saprà valutare l’intensità emotiva delle sue reazioni.

Indicando la sua capacità di mantenimento dell’autocontrollo, durante l’esposizione graduale, tecnica che, in questo caso, nella C.B.T viene definita desensibilizzazione sistematica dell’ansia. il paziente, molto gradatamente, ma soprattutto in base all’autocontrollo appreso, riuscirà a gestire le situazioni che prima, innescando pensieri negativi, creavano evitamenti, infatti questa tecnica non consiste semplicemente nell’eliminare l’ansia.

Ma nell imparare a saperla gestire in modo concreto, modificando le emozioni, i comportamenti ed i pensieri disfunzionali, poiché l’obiettivo della psicoterapia cognitivo comportamentale è, fondamentalmente, quella di migliorare la qualità della vita dei pazienti ed aiutarli a gestire o risolvere eventuali psicopatologie.

La psicoterapia cognitivo comportamentale fornisce gli strumenti per individuare gli schemi distorti di ragionamento e d’interpretazione della realtà, al fine di poterli  integrare con i giusti pensieri e le convinzioni funzionali e positive.

Conclusioni

È importante sviluppare strategie nuove di gestione dell’ansia anche perché il pericolo di una ricaduta è sempre presente. Così come altre forme di dipendenza più conosciute e temute (come la dipendenza da alcol e quella da sostanze stupefacenti), anche quella da benzodiazepine può essere particolarmente difficile da risolvere.

Un approccio che integri trattamenti psicoterapeutici e non farmacologici è sicuramente il metodo più indicato nella maggioranza dei casi.

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Le psicoterapie ad orientamento cognitivo-comportamentale hanno mete chiare, specifiche e misurabili. L’obiettivo è il cambiamento dei comportamenti sintomatici ed inadeguati e dei fattori che li determinano. Per questo è uno degli approcci preferiti per risolvere determinati problemi ma prima di chiedere una consulenza è giusto conoscere i prezzi delle sedute.
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Il signor Giampaolo Falasca è il mio dottore da ormai più di due anni. Non è mai mancato a un appuntamento ha una puntualità perfetta e in oltre è eccellente nel suo lavoro a cui presta cura del paziente in maniera professionale e mirata. Grazie al dottore Giampaolo Falasca del suo supporto e cordiali saluti.
Davide F.24-08-2024Consulenza online

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