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Catarsi ed espressione delle emozioni in psicoterapia

Catarsi ed espressione delle emozioni in psicoterapia

terapie
La catarsi in psicoterapia è il processo di liberazione emotiva, in cui una persona rilascia sentimenti repressi o intensi, spesso attraverso la rievocazione e l'espressione di traumi o conflitti interiori.

In psicoterapia, il termine catarsi indica il processo che permette l’espressione delle emozioni controllate, bloccate o nascoste, a cui segue una riduzione della tensione emotiva, in generale, e dell’ansia, in particolare, e che produce sollievo e miglioramento.

Ecco perché, al fine di facilitare l’esperienza emotiva catartica nella cura dell’ansia, mentre

  • alcuni modelli d’intervento terapeutico prevedono l’uso di procedure specifiche, verbali e corporee
  • altri modelli prevedono un intervento più spiccatamente cognitivo-comportamentale.

In ogni caso, l’espressione delle emozioni, seppur molto forte, è un fatto che spesso avviene spontaneamente in tutte le forme di psicoterapia.

La fuoriuscita delle emozioni è un’esperienza che può creare parecchia confusione nel paziente al punto tale da trasformarsi in un intervento sbagliato e controproducente, proprio perché le tecniche catartiche possono avere un effetto dirompente ed è quindi di fondamentale importanza proporle quando e solo nei casi in cui esiste una relazione terapeutica profonda, stabile e sicura all’interno della quale il paziente senta di poter entrare in contatto con i suoi sentimenti senza paura di repressione, alienazione e rifiuto da parte dell’altro.

Lo psicoterapeuta può scegliere determinate modalità comunicative per attivare le emozioni del paziente

L’espressione emotiva costituisce un momento importante del procedimento terapeutico che permette al terapeuta di raccogliere numerose informazioni sul paziente

  • rispetto a quali risposte ha ottenuto in altri contesti quando ha manifestato le stesse emozioni in passato
  • rispetto a come percepisce l’esperienza emotiva e se è in grado di riconoscerla, tollerarla e viverla
  • rispetto alla propria forza di esplorare approfonditamente i suoi stati emotivi, soprattutto quando li esprime in modo intenso.

Prima di eseguire un intervento di attivazione emotiva, insomma, il terapeuta deve valutare con molta attenzione come e se farlo, soprattutto quando e con quali modalità, perché l’accoglienza ed il sostegno emotivo del paziente da parte del terapeuta, non solo facilitano la fuoriuscita delle emozioni inaccettabili, ma producono pure una riorganizzazione negli schemi concettuali e di pensiero.

Infatti il poter esprimere le emozioni all’interno di una relazione protetta ed empatica costituisce un’esperienza attraverso la quale il paziente può acquisire un nuovo apprendimento interpersonale.

Lo psicoterapeuta ha un ruolo significativo durante la terapia e, per il paziente, il fatto di sentirsi accettato e confermato dallo psicoterapeuta, costituisce una forte spinta a rivedere la sua idea degli altri come distanti o indifferenti.

Il paziente deve essere stimolato a non conservare rigidamente i suoi schemi, perché deve assimilare ed adattare le nuove informazioni emotive su come deve essere impostata la relazione in base a come vede impostare la relazione da parte del terapeuta, ovvero profondamente incentrata su accettazione, interesse e affetto, perché la comunicazione affettiva che avviene nella relazione terapeutica permette al paziente di riconoscere le sue emozioni e di esprimere un modo nuovo e ciò può essere replicato anche, ovviamente, al di fuori della terapia.

Se il terapeuta non valuta con attenzione i tempi e attiva prematuramente dei livelli emotivi intensi, il paziente potrebbe vivere questo intervento come poco coerente, artificiale, pericoloso e rispondere con delle emozioni divergenti che possono portare anche, addirittura, all’interruzione della terapia mentre, all’altro estremo, anche degli interventi diretti su livelli emotivi troppo bassi potrebbero essere sperimentato da parte del paziente come non stimolanti, noiosi e fuori obiettivo, impedendo, così, una una partecipazione reale ed impegnata al procedimento psicoterapeutico.

In ogni caso, l’attivazione delle emozioni non dovrebbe mai essere né troppo debole, ma nemmeno così elevata da impedire al paziente di adottare i nuovi concetti, atteggiamenti o punti di vista, ovvero, l’attivazione emotiva è utile ed efficace quando avviene all’interno di una solida relazione terapeutica.

I modelli cognitivi delle persone cambiano successivamente alle stimolazioni ricevute, ma non durante un’intensa attivazione emotiva, infatti l’invio di messaggi attivatori potrebbe anche ottenere l’effetto contrario, ovvero quello di aumentare le difese di un paziente troppo ansioso e spaventato dalle comunicazioni del terapeuta.

Prima di attivare le emozioni del paziente, lo psicoterapeuta preparato dovrebbe utilizzare i primi incontri per costruire una solida relazione terapeutica e, solo successivamente, inviare dei messaggi che favoriscano la catarsi.

La fuoriuscita delle emozioni viene vissuta dal paziente come un momento significativo del percorso terapeutico, il più delle volte avviene in modo doloroso e drammatico, anche attraverso urla e pianti, infatti l’espressione di emozioni intense produce lo scioglimento di tensioni e blocchi corporei, provoca un insight emotivo (intuizione) che porta ad una ristrutturazione di significati e simboli che, normalmente, sono associati alle emozioni disturbanti e consente un migliore adattamento interpersonale, mentre la mobilitazione e l’espressione delle emozioni dolorose produce sollievo fisico, proprio perché rallenta le tensioni corporee e lo stress.

Da un punto di vista strettamente cognitivo, la fuoriuscita delle emozioni offre al paziente

  • l’opportunità di distinguere fra i diversi aspetti dell’esperienza emotiva,
  • di sintetizzare nuovi significati,
  • di avere nuove percezioni
  • di appropriarsi di una nuova concezione sul mondo, perché la ridefinizione delle esperienze emotive tramite l’elaborazione di nuovi significati permette una riorganizzazione dell’immagine che la persona ha di sé, della sua identità, dei suoi ruoli e delle emozioni associate ad ognuna di queste aree.

L’emozione è essenzialmente una informazione sulla reazione di adattamento delle persone a situazioni emotive specifiche, per cui non utilizzare questa informazione significa ignorare sostanzialmente un’importante risorsa terapeutica che può facilitare notevolmente il processo di cambiamento, infatti l’attivazione delle emozioni ha, come effetto immediato, la riduzione delle tensioni, anche se, senza una qualsiasi forma di ristrutturazione cognitiva, è molto improbabile che possa avvenire nel paziente un cambiamento a lungo termine.

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